Grumo Nevano, trigesimo Rosa Alfieri. Don Carmine ‘Rosa ci ricorda ancora una volta che la vita è un dono di Dio’

Grumo Nevano, trigesimo Rosa Alfieri. Don Carmine ‘Rosa ci ricorda ancora una volta che la vita è un dono di Dio’

Grumo Nevano (Na) – A poco più di un mese dalla prematura scomparsa di Rosa Alfieri, uccisa barbaramente lo scorso 1° Febbraio per mano di un atroce assassino, stasera presso la Pontificia Basilica San Tammaro Vescovo, si è svolto il trigesimo in sua memoria. Un evento che ha letteralmente scosso la comunità grumese , dove si conoscono un po’ tutti e dove “una fatto così non era mai successo“. Stasera ancora una volta i concittadini di Rosa si sono stretti attorno alla famiglia per far sentire loro tutto l’amore e la vicinanza, per cercare di alleviare quel dolore lancinante che nemmeno il tempo riuscirà a lenire. Di conforto e speranza le parole di Don Carmine Spada durante l’omelia:

Carissimi fratelli e sorelle, in questa giornata particolare, nella quale eravamo soliti recarci a vivere un momento distensivo per rendere onore alle “donne della nostra vita”, ci ritroviamo inaspettatamente “chiamati” e “invitati” a radunarci in questo luogo, riunendoci attorno a quest’altare, per vivere insieme a una donna martorizzata dalla violenza e dall’odio la “festa delle donne”.  Era l’8 marzo del 1911, quando in una fabbrica di New York, a seguito di un incendio, persero la vita molte donne che manifestavano contro le condizioni di lavoro disumano. Da quel giorno ad oggi, l’elenco delle donne strappate all’affetto dei loro cari non è rimasto circoscritto alla sola America, ma si è esteso in tutto il mondo, fino a giungere nella nostra amata città, quando il 1° febbraio u.s., dopo una giornata di lavoro, anche la giovanissima Rosa Alfieri viene strappata in modo violento all’affetto dei propri cari.  E dal 1° febbraio che nel nostro cuore sorgono tante domande, alle quali non è facile dare una risposta, né tantomeno cercare di trovare un colpevole a tutto questo. Da quel giorno abbiamo compreso più che mai che la sofferenza e il dolore di una famiglia diviene la sofferenza e il dolere di un’intera comunità parrocchiale e cittadina.  Com’è possibile una cosa del genere? Proprio a noi che eravamo definiti i cittadini della “piccola Parigi”, i figli della nobiltà e dal cuore d’oro nel mostrarci caritativi verso tutti, ci siamo ritrovati sulle prime pagine nazionali della cronaca! La risposta a queste domande la ritroviamo in quello “sguardo d’amore di Gesù e della Madonna”. Guardando proprio a loro, a Gesù crocifisso e a Maria, riusciamo a comprendere come possiamo oggi contrastare e sradicare l’odio dai cuori delle persone e dalla nostra città. La morte di Gesù in croce diventa per noi motivo di riflessione, perché proprio Lui che aveva fatto tanto bene, come un agnello viene condotto al macello…e sulla croce, dopo aver subito tanta violenza, dice: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Come la morte di Gesù, anche la morte di Rosa Alfieri – ossia l’amica di tanti, la “bella figlia” di Vincenzo e Nicoletta, la “bellissima sorella” di Pasquale e Luca, la “stupenda fidanzata” di Luigi – deve diventare un monito per tutti noi! Sì, proprio la giovane Rosa ci ricorda ancora una volta che la vita è un dono di Dio, un dono inestimabile, che noi dobbiamo sempre tutelare, ponendo in essere azioni volte a tutelare questo grande e inestimabile dono. Come ci ricordava il vangelo di domenica scorsa, non possiamo in alcun modo lasciarci sedurre dalla seduzione del potere, perché ogni tentativo volto a uccidere o ferire una persona – che sia bianco o nero, maschio o femmina, anziano o bambino – è “una ferita aperta nel corpo di Cristo”! E nel nome di Cristo Gesù, e nel nome delle tante donne vittime di violenza, e nel nome della nostra carissima Rosa Alfieri, che dobbiamo adesso, più che mai, dire “basta alla violenza, basta all’odio, basta al dolore”! Di fronte a questa sofferenza innaturale e disumana, non possiamo rimanere impassibili, e il cambiamento e la conversione deve avvenire da parte di tutti noi. A chi è pronto ad arrecare altra sofferenza, a chi non vede nell’altro la persona da amare ma solo da dominare e da sfruttare, a chi oggi semina guerra, insieme vogliamo elevare tale monito: “Apri il tuo cuore al Signore, apri il tuo cuore alla conversione! Libera il tuo cuore dall’odio e dalla vendetta, fai cadere dalle tue mani quelle armi che uccidono e allontana dalla mente i pensieri che fomentano dolore! Quando stai per compiere il male, fermati e pensa a tutto il dolore che puoi arrecare. Un dolore e una sofferenza che non rimane circoscritta a una famiglia, ma che abbraccia sempre l’intera comunità parrocchiale, cittadina, nazionale e del mondo intero. Prima di fare del male a qualcuno pensa a quante lacrime versate….lacrime amare che bagnano il volto della povera gente, che mai nessuno riuscirà ad asciugare, perché sono lacrime amare che mentre bagnano il volto creano una ferita che non si cicatrizza, una ferita di dolore che non si risana. Allontana dal tuo cuore l’odio e inizia a seminare il bene. Guarda Gesù Cristo, che proprio sulla croce, ci ha dato l’esempio emblematico di come oggi dobbiamo comportarci: “Padre perdona loro che non sanno quello che fanno”. Essere misericordiosi non è facile, ma non è impossibile! La vendetta genera sempre altro odio! Guardando il Cristo in croce, chiediamo il dono della giustizia, quella vera, e che i peccatori possano ravvedersi e pentirsi. “Non c’è un dolore simile al tuo”!

Carissimi Nicoletta e Vincenzo, non c’è un dolore simile a quello che provate nel cuore. Sembra ancora una volta rivivere quei tragici momenti di quel martedì 1° febbraio, quando l’incredulità e lo sconforto hanno preso piede nei cuori di tutti noi, e proprio lì si sono accesi i fari, fari di vicinanza e di cordoglio. Un paese che si è fermato, avendo gli occhi sullo schermo del telefonino a guardare una diretta e a pronunciare le parole dell’”Ave Maria”, perché le parole della preghiera erano le uniche che potevamo rivolgere. Un paese che si è ritrovato a depositare un lumino ai piedi della gigantografia di Rosa e ad accoglierla con un lungo e interminabile applaudo, accompagnato da tanta commozione. Il vostro è un dolore difficile da descrivere, che vi spezza il cuore, proprio come quel grido che non siete riusciti ad ascoltare ma che vi siete sentiti chiamati, perché proprio lì, in quella casa, era proprio Rosa che vi chiamava per chiedervi di ritornare tra le vostre braccia, per essere accarezzata dall’ultima volta da voi, per avere un ultimo bacio dai suoi amati fratelli in quel tentativo di rianimazione che avete cercato di fare, e per chiedere al comandante dei carabinieri, Gennaro Maria D’Alesio, di non lasciarvi soli, di prendersi cura di voi, di spronarvi a riprendere a lavorare. Un dolore che spezza il cuore di tutta la comunità cittadina, così da indurre il Sindaco a indire lutto cittadino, a vivere un Consiglio Comunale e a porre in essere altre manifestazioni nel ricordo di Rosa. Un dolore che abbraccia anche il mondo del calcio, con la decisione presa dal dott. Luigi Eucalipto, presidente della Grumese Calcio. Un dolore che abbraccia anche voi, amici di Rosa. “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” Non sarà né la spada, né la morte a separarvi dall’amore per Rosa e voi portatela sempre nel vostro cuore, riprendendo sì la vita lavorativa, gli studi, e facendo quelle cose che rendevano Rosa felice e orgogliosa di essere una vostra amica. Voi sarete e siete la forza della famiglia, perché anche se oggi continuate a inviare messaggi sul suo numero senza ottenere risposta, ricordatevi che lei rimane nel vostro cuore. Tra poco riceverete una foto…con un crocifisso dell’amicizia. Lasciatevi prendere per mano da Dio, così come lasciate che sia la mano di Rosa a toccare la vostra e ad abbracciarvi conclude.

Giovanna Scarano